Nel cinema, senza risalire fino alla Famiglia di Ettore Scola e al Matrimonio di Pupi Avati, è arrivato da poco nella sale Vermiglio di Maura Delpero, vincitore del Leone d’argento al Festival di Venezia: non è una saga familiare che si snoda nel corso delle generazioni, ma il centro della vicenda è comunque la famiglia, e per giunta la famiglia numerosa e povera della montagna trentina, il mondo che percepiamo come perduto, e che qualche volta letterariamente indugiamo perfino a rimpiangere.
Sembra quasi che l’orizzonte mitico della nostra vita di oggi sia sempre più l’antico contesto familiare e avere – o immaginare - una bisnonna, o almeno una nonna, di cui poter raccontare qualcosa di significativo sia una specie di biglietto da visita indispensabile per accedere con successo a questo filone narrativo. È il caso, anche quello fortunatissimo, della bella storia raccontata nella Portalettere di Francesca Giannone: la famiglia, è sempre la famiglia che ritorna, con le sue contraddizioni e i suoi tanti legni storti, ma sempre imprescindibile retroterra del presente, talvolta Eden nostalgico, più spesso groviglio di tenerezza e dolore.
È un fatto curioso, o forse ovviamente e semplicemente compensativo, dal momento che l’altra faccia della medaglia – quella vera e socio-politica, non letteraria – è quella di un mondo largamente individualista, con spazi assai limitati per le saghe, diffusione di legami labili, e soprattutto pochi figli. E per quelli che li fanno, tanta difficoltà a mantenerli con gli standard attuali e a gestirli nelle multiformi attività extrascolastiche. Ma poi, si sa, ci sono i nonni, che in Italia più che a fondare dinastie sono occupati a surrogare al welfare per la famiglia, pervicacemente poco consistente, nonostante gli sforzi meritevoli in atto che sarebbe ingeneroso non riconoscere: è che l’allarme demografico autorevolmente documentato e costantemente rilanciato per esempio dalla Fondazione Magna Carta, tocca sì il lato delle nascite, ma sull'altro versante dell'arco della vita tocca pesantemente il fenomeno dell’invecchiamento dei nonni: quando non sono più in grado di dare una mano diventano subito un peso, perché la durata crescente della vita anche in condizioni non ottimali e di elevata fragilità esige spazi, assistenza e costi. Quando anche la semplice assistenza medica di base si scontra con intoppi burocratici e lentezze di tutti i tipi, ci si chiede perché anche provvedimenti apparentemente semplici non riescono a decollare. Un esempio: il numero crescente di anziani non dovrebbe portare all’istituzione del “geriatra di base” a partire da un’età X a carico del servizio sanitario pubblico come in parallelo esiste il “pediatra di base” per i bambini?
Così magari, più tranquilli e meno angosciati, nonni e bisnonni potranno raccontare a figli nipoti e bisnipoti la loro infanzia, il tempo fiabesco e povero dell’albero degli zoccoli o semplicemente quello di un mondo in ogni caso più difficile. E fornire tanta materia narrativa ai più inclini a intrecciare storie e saghe fascinose.
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