Sul finire del terribile anno di guerra 1943, nei giorni
dello sbandamento seguito all’armistizio dell’8 settembre e allo stabilizzarsi
della linea Gustav, un certo numero di personalità che volevano sottrarsi alla
collaborazione con i tedeschi e con la Repubblica sociale instaurata nel Nord
Italia da Mussolini tentarono di attraversare il fronte e raggiungere il Sud,
controllato dagli Alleati e sotto la giurisdizione del governo del Maresciallo Pietro Badoglio, fedele
al Re.
In questi scombussolamenti fu coinvolto anche Settefrati,
dove soggiornò il regista Luchino Visconti di Modrone, esponente della
Resistenza, che poi non passò la linea Gustav, dal momento che nell'aprile del 1944 fu arrestato nella Roma occupata dai tedeschi. La vicenda è abbastanza nota in
paese e ben custodita nella memoria della famiglia Cardelli, che lo ospitò. Lo
stesso Visconti ha ricordato il fatto. Vero è che ad oggi non c’è ancora una
ricostruzione scritta sulla permanenza del grande regista, sulla quale pure
abbiamo sentito molti aneddoti. E invece sarebbe auspicabile, per fissare la memoria
dei racconti orali, che col tempo ovviamente tende a rarefarsi: basti
considerare quanti protagonisti diretti non ci sono più. Sto pensando - anche
con una buona dose di nostalgia - agli arguti racconti delle signorine Maria
(1903-1981) e Rosina (1902-1992) Cardelli e della loro cognata Antonietta Visocchi (1908-1992), vedova del dottore Michele Cardelli
(1898-1949), che ho ascoltato a cavallo tra adolescenza e giovinezza. Così pure
è venuto da poco a mancare l’amico Vincenzo (alias Picchiotto), formidabile
narratore e detentore di molti ricordi di famiglia, che in buona parte ha
trasmesso ai figli Lucrezia, Domiziana e Michele: c’è ancora molto spazio e tempo sufficiente per
completare questa parte della storia!
Ma il caso Visconti non fu isolato. Personaggi meno noti al
grande pubblico furono ospiti di Settefrati in quei mesi. In particolare un
gruppo di diplomatici che volevano raggiungere il Sud soggiornò in casa di Ida
Tamburri Terenzio (1894-1970) e Marietta Tamburri (1899-1964). Della loro
permanenza sicuramente conservava il ricordo il figlio di Ida, Salvatore
Terenzio, diplomatico egli stesso. Ma per la verità io – e come me gli amici
della mia generazione- ne ho sentito parlare più volte dal cugino Antonio Socci,
che ricordava tanti nomi, tanti particolari e tante circostanze. Un caso curioso – o forse una folata di vento daglie Còlle
Pepùne – ha voluto che proprio in coincidenza con la morte di Antonio mi imbattessi in un libro scritto da uno dei diplomatici, Enrico Guastone Belcredi, intitolato La carriera, pubblicato da Rubbettino nel
2006. Nella scoperta coinvolsi con grande facilità mio fratello Attilio, cultore appassionato delle genealogie settefratesi nonché curiosissimo di vicende storiche, e così lo scaricammo
per pochi Euro e subito scorso con avidità. Il capitolo del libro (il tredicesimo), con una breve prefazione mia (sostanzialmente questa nota), fu prontamente pubblicato da Antonio Vitti sul sito settefrati.net, di cui è stato generoso inventore, manutentore e mai abbastanza rimpianto curatore.
In più di 500 pagine
l’autore ripercorre la storia dei suoi incarichi diplomatici, con ricchezza di
dettagli, di aneddoti gustosi e con quell’inconfondibile stile un po’ ironico
e un po’ distaccato proprio di chi ha frequentato dall’interno un certo mondo
internazionale, fatto di molte relazioni aristocratiche e di frequentazioni non
troppo enfatizzate di esponenti dell’alta politica.
Il capitolo 13, che potete leggere per intero, parla a lungo
del soggiorno settefratese dell’autore, che durò oltre il Natale 1943,
protraendosi fino al febbraio 1944. Proprio il racconto straordinario del Natale 1943,
insieme a quello del bombardamento del gennaio 1944, e la descrizione della
vita nella grotta del pastore detto in gergo Aligi, ossia Stefano Gentile (1900-1970), dove era collocata la radio inglese, sono tra i punti più
suggestivi del capitolo.
Il viaggio verso Settefrati comincia grosso modo alla pagina 408,
ma consiglio la lettura anche della parte precedente, almeno dall’arrivo a
Roma, per inquadrare meglio tutta la vicenda. L’autore precisa,
rammaricandosene, che all’epoca non tenne un diario. Questo significa che
alcuni particolari del paese e delle persone potrebbero essere inesatti o
confusi, come ad esempio – sospetto - l’identificazione di Vittorio Gassman in
compagnia di Visconti, circostanza sulla quale non ci sono riscontri: forse più probabilmente si trattava dello sceneggiatore Mario Chiari. Così pure sembra essere poco chiara
la memoria della signora Maria che li ospitò nella sua casa (a
Ghiazzella?), dal momento che la descrizione fisica è molto lontana dalla
figura di Marietta Tamburri, quale la ricordiamo o possiamo vedere nelle foto.
Lo stesso problema si presenta sui dettagli geografici, come quando l’autore
afferma che da Settefrati si vedono San Biagio, Vallerotonda e Viticuso.
Dal racconto tra l’altro emerge (in particolare a pag. 414) con assoluta certezza - anche se con qualche inesattezza biografica dovuta al solito al molto tempo trascorso tra la vicenda vissuta e la sua fissazione per iscritto- un
ruolo importante del prof. Gaetano Venturini nella rete clandestina antifascista - che aveva nella dimora della nobile
famiglia Bisleti di Veroli uno snodo strategico - sia in relazione alla
copertura dei diplomatici, sia nell’intelligence con i due inglesi nascosti nel
paese occupato dai tedeschi. Interessante la lista dei diplomatici presenti: Luca Dainelli, Giovanni Luciolli, Mario Mondello, Corrado Orlandi. Nel gruppo figura anche
un importante ufficiale di collegamento che doveva anch’egli raggiungere il
Sud, il capitano Avati, già addetto militare a Berlino: con tutta probabilità
questo ufficiale corrisponde al capitano di Cavalleria Domenico, nato nel 1914,
caduto in azione a Cassino o a Montelungo nel 1944. Verosimilmente portava
notizie sulla situazione in quell’area a Badoglio (nel nostro testo
Belcredi dice che aveva un messaggio importante per Badoglio), ma con tutta evidenza non riuscì a passare il fronte di Cassino.
La vicenda si conclude con la dispersione del gruppo, e
l’avventura del ritorno a piedi dell’autore a Roma, dove assiste al maestoso e
impressionante spettacolo della ritirata delle truppe tedesche del generale
Kesselring.
In definitiva credo che questi ricordi, oltre a ricomporre alcune
tessere del mosaico della storia del nostro paese, siano una bella lettura per
tutti noi e francamente non vorrei sciuparla con troppe anticipazioni.
(Questa nota, originariamente scritta per Settefrati.net, è stato rielaborata con qualche modifica nel settembre 2024, sollecitato da una richiesta di notizie per la realizzazione di un documentario su Luchino Visconti, e da un mio disallineamento sui tempi, che spero possa essere in parte colmato col "rilancio" della storia)
Le pagine della Carriera diplomatica che riguardano questa vicenda