domenica 13 ottobre 2024

La vita dei nonni tra saghe di famiglia e prosaico tran tran

Nel  mondo della fiction  - romanzi, fumetti, film, serie tv –  non si rispecchia solo la realtà fattuale e a volte deprimente, ma anche la zona psicologica delle aspettative, dei sogni, degli umori diffusi. Chi segue anche di sfuggita il mercato del consumo culturale avrà notato come nelle trame il legame con le storie di famiglia sia  sempre più presente e di grande successo, che si tratti di dinastie di imprenditori, come i Florio protagonisti del fortunato I leoni di Sicilia di Stefania Auci - da cui è stata tratta un altrettanto fortunata serie televisiva - o dei Datti di Lanza e i Montefosco emigrati dai paesi della Valle del Liri in Scozia, come nel Café Ida della brava esordiente Alberta Riccardi: due titoli che ho a portata di mano nello scaffale e alla cui presentazione in presenza delle autrici ho avuto la fortuna di assistere durante il Festival delle storie  ideato e allestito da Vittorio Macioce e dai suoi collaboratori nella Valle di Comino.
Nel cinema, senza risalire fino alla Famiglia di Ettore Scola e al Matrimonio di Pupi Avati, è arrivato da poco nella sale Vermiglio di Maura Delpero, vincitore del Leone d’argento al Festival di Venezia: non è una saga familiare che si snoda nel corso delle generazioni, ma il centro della vicenda è comunque la famiglia, e per giunta la famiglia numerosa e povera  della montagna trentina, il mondo che percepiamo come perduto, e che qualche volta letterariamente indugiamo perfino a rimpiangere.
Sembra quasi che l’orizzonte mitico della nostra vita di oggi sia sempre più l’antico contesto familiare e avere – o immaginare - una bisnonna, o almeno una nonna, di cui poter raccontare qualcosa di significativo sia una specie di biglietto da visita indispensabile per accedere con successo a questo filone narrativo. È il caso, anche quello fortunatissimo, della bella storia raccontata nella Portalettere di Francesca Giannone: la famiglia, è sempre la famiglia che ritorna, con le sue contraddizioni e i suoi tanti legni storti, ma sempre imprescindibile retroterra del presente, talvolta Eden nostalgico, più spesso groviglio di tenerezza e dolore. 

È un fatto curioso, o forse ovviamente e semplicemente compensativo, dal momento che l’altra faccia della medaglia – quella vera e socio-politica, non letteraria – è quella di un mondo largamente individualista, con spazi assai limitati per le saghe, diffusione di legami labili, e soprattutto pochi figli. E per quelli che li fanno, tanta difficoltà a mantenerli con gli standard attuali e a gestirli nelle multiformi attività extrascolastiche. Ma poi, si sa, ci sono i nonni, che in Italia più che a fondare dinastie sono occupati a surrogare al welfare per la famiglia, pervicacemente poco consistente, nonostante gli sforzi meritevoli in atto che sarebbe ingeneroso non riconoscere: è che l’allarme demografico autorevolmente documentato e costantemente rilanciato per esempio dalla Fondazione Magna Carta, tocca sì il lato delle nascite, ma sull'altro versante dell'arco della vita tocca pesantemente il fenomeno dell’invecchiamento dei nonni: quando non sono più in grado di dare una mano diventano subito un peso, perché la durata crescente della vita anche in condizioni non ottimali e di elevata fragilità esige spazi, assistenza e costi. Quando anche la semplice assistenza medica di base si scontra con intoppi burocratici e lentezze di tutti i tipi, ci si chiede perché anche provvedimenti apparentemente semplici non riescono a decollare. Un esempio: il numero crescente di anziani non dovrebbe portare all’istituzione del “geriatra di base” a partire da un’età X a carico del servizio sanitario pubblico come in parallelo esiste il “pediatra di base” per i bambini?
Così magari, più tranquilli e meno angosciati, nonni e bisnonni potranno raccontare a figli nipoti e bisnipoti la loro infanzia, il tempo fiabesco e povero dell’albero degli zoccoli o semplicemente quello di un mondo in ogni caso più difficile. E fornire tanta materia narrativa ai più inclini a intrecciare storie e saghe fascinose.


martedì 1 ottobre 2024

Settefrati 1943. Un Natale di guerra tra bombe, diplomatici in fuga e soldati tedeschi

 

Enrico Guastone Belcredi


 

Memorie e racconti orali delle vicende della seconda guerra mondiale non sono certo mancati a Settefrati: in ogni casa c'era chi aveva ricordi dei bombardamenti, dello sfollamento, dell'occupazione tedesca, dell'arrivo degli alleati. Ci sono anche ricordi fissati per scritto: ho presente quelli di Delia Socci, che si trovano sul web, almeno un manoscritto di Michele Buzzeo e il racconto di Gaetano Venturini (1912-1963) - che come vedremo più avanti ebbe un ruolo importante in questa vicenda dei diplomatici - intitolato Gott mit Uns, in cui ricostruisce la sua personale vicenda di antifascista, fino all'arresto da parte dei Tedeschi e la detenzione all'Aquila, e del quale penso che sia auspicabile la pubblicazione. Da ultimo è necessario ricordare il lavoro corposo di Domenico Vitti (1925-2021) intitolato Racconto di guerra, basato sui suoi ricordi, pubblicato nel 2014 da F&C Edizioni e di recente ristampato.

La carriera. Pagine di vita diplomatica - Enrico Belcredi Guastone - copertina 

 Ma le vicende raccontate da Enrico Guastone Belcredi (1907-2002) nel suo libro di memorie diplomatiche ha un valore del tutto particolare, giacché è un contributo esterno agli abitanti del paese e, anche se non privo di imprecisioni, ricco di aspetti interessanti connessi con la storia generale di quel periodo.

Sul finire del terribile anno di guerra 1943, nei giorni dello sbandamento seguito all’armistizio dell’8 settembre e allo stabilizzarsi della linea Gustav, un certo numero di personalità che volevano sottrarsi alla collaborazione con i tedeschi e con la Repubblica sociale instaurata nel Nord Italia da Mussolini tentarono di attraversare il fronte e raggiungere il Sud, controllato dagli Alleati e sotto la giurisdizione del governo del Maresciallo Pietro Badoglio, fedele al Re.

In questi scombussolamenti fu coinvolto anche Settefrati, dove soggiornò il regista Luchino Visconti di Modrone, esponente della Resistenza, che poi non passò la linea Gustav, dal momento che nell'aprile del 1944 fu arrestato nella Roma occupata dai tedeschi. La vicenda è abbastanza nota in paese e ben custodita nella memoria della famiglia Cardelli, che lo ospitò. Lo stesso Visconti ha ricordato il fatto. Vero è che ad oggi non c’è ancora una ricostruzione scritta sulla permanenza del grande regista, sulla quale pure abbiamo sentito molti aneddoti. E invece sarebbe auspicabile, per fissare la memoria dei racconti orali, che col tempo ovviamente tende a rarefarsi: basti considerare quanti protagonisti diretti non ci sono più. Sto pensando - anche con una buona dose di nostalgia - agli arguti racconti delle signorine Maria (1903-1981) e Rosina (1902-1992) Cardelli e della loro cognata Antonietta Visocchi (1908-1992), vedova del dottore Michele Cardelli (1898-1949), che ho ascoltato a cavallo tra adolescenza e giovinezza. Così pure è venuto da poco a mancare l’amico Vincenzo (alias Picchiotto), formidabile narratore e detentore di molti ricordi di famiglia, che in buona parte ha trasmesso ai figli Lucrezia, Domiziana e Michele: c’è ancora molto spazio e tempo sufficiente per completare questa parte della storia!

Ma il caso Visconti non fu isolato. Personaggi meno noti al grande pubblico furono ospiti di Settefrati in quei mesi. In particolare un gruppo di diplomatici che volevano raggiungere il Sud soggiornò in casa di Ida Tamburri Terenzio (1894-1970) e Marietta Tamburri (1899-1964). Della loro permanenza sicuramente conservava il ricordo il figlio di Ida, Salvatore Terenzio, diplomatico egli stesso. Ma per la verità io – e come me gli amici della mia generazione- ne ho sentito parlare più volte dal cugino Antonio Socci, che ricordava tanti nomi, tanti particolari e tante circostanze. Un caso curioso – o forse una folata di vento daglie Còlle Pepùne – ha voluto che proprio in coincidenza con la morte di Antonio mi imbattessi in un libro scritto da uno dei diplomatici, Enrico Guastone Belcredi, intitolato La carriera, pubblicato da Rubbettino nel 2006. Nella scoperta coinvolsi con grande facilità mio fratello Attilio, cultore appassionato delle genealogie settefratesi nonché curiosissimo di vicende storiche, e così lo scaricammo per pochi Euro e subito scorso con avidità. Il capitolo del libro (il tredicesimo), con una breve prefazione mia (sostanzialmente questa nota), fu prontamente pubblicato da Antonio Vitti sul sito settefrati.net, di cui è stato generoso inventore, manutentore e mai abbastanza rimpianto curatore.

In più di 500 pagine l’autore ripercorre la storia dei suoi incarichi diplomatici, con ricchezza di dettagli, di aneddoti gustosi e con quell’inconfondibile stile un po’ ironico e un po’ distaccato proprio di chi ha frequentato dall’interno un certo mondo internazionale, fatto di molte relazioni aristocratiche e di frequentazioni non troppo enfatizzate di esponenti dell’alta politica.

 Il capitolo 13, che potete leggere per intero, parla a lungo del soggiorno settefratese dell’autore, che durò oltre il Natale 1943, protraendosi fino al febbraio 1944. Proprio il racconto straordinario del Natale 1943, insieme a quello del bombardamento del gennaio 1944, e la descrizione della vita nella grotta del pastore detto in gergo Aligi, ossia Stefano Gentile (1900-1970), dove era collocata la radio inglese,  sono tra i punti più suggestivi del capitolo.

Il viaggio verso Settefrati comincia grosso modo alla pagina 408, ma consiglio la lettura anche della parte precedente, almeno dall’arrivo a Roma, per inquadrare meglio tutta la vicenda. L’autore precisa, rammaricandosene, che all’epoca non tenne un diario. Questo significa che alcuni particolari del paese e delle persone potrebbero essere inesatti o confusi, come ad esempio – sospetto - l’identificazione di Vittorio Gassman in compagnia di Visconti, circostanza sulla quale non ci sono riscontri: forse più probabilmente si trattava dello sceneggiatore Mario Chiari. Così pure sembra essere poco chiara la memoria della signora Maria che li ospitò nella sua casa (a Ghiazzella?), dal momento che la descrizione fisica è molto lontana dalla figura di Marietta Tamburri, quale la ricordiamo o possiamo vedere nelle foto. Lo stesso problema si presenta sui dettagli geografici, come quando l’autore afferma che da Settefrati si vedono San Biagio, Vallerotonda e Viticuso.

Dal racconto tra l’altro emerge (in particolare a pag. 414) con assoluta certezza - anche se con qualche inesattezza biografica dovuta al solito al molto tempo trascorso tra la vicenda vissuta e la sua fissazione per iscritto-  un ruolo importante del prof. Gaetano Venturini nella rete clandestina antifascista - che aveva nella dimora della nobile famiglia Bisleti di Veroli uno snodo strategico - sia in relazione alla copertura dei diplomatici, sia nell’intelligence con i due inglesi nascosti nel paese occupato dai tedeschi. Interessante la lista dei diplomatici presenti: Luca Dainelli, Giovanni Luciolli, Mario Mondello, Corrado Orlandi. Nel gruppo figura anche un importante ufficiale di collegamento che doveva anch’egli raggiungere il Sud, il capitano Avati, già addetto militare a Berlino: con tutta probabilità questo ufficiale corrisponde al capitano di Cavalleria Domenico, nato nel 1914, caduto in azione a Cassino o a Montelungo nel 1944. Verosimilmente portava notizie sulla situazione in quell’area a Badoglio (nel nostro testo Belcredi dice che aveva un messaggio importante per Badoglio), ma con tutta evidenza non riuscì a passare il fronte di Cassino.

La vicenda si conclude con la dispersione del gruppo, e l’avventura del ritorno a piedi dell’autore a Roma, dove assiste al maestoso e impressionante spettacolo della ritirata delle truppe tedesche del generale Kesselring.

In definitiva credo che questi ricordi, oltre a ricomporre alcune tessere del mosaico della storia del nostro paese, siano una bella lettura per tutti noi e francamente non vorrei sciuparla con troppe anticipazioni.

(Questa nota, originariamente scritta per Settefrati.net, è stato rielaborata con qualche modifica nel settembre 2024, sollecitato da una richiesta di notizie per la realizzazione di un documentario su Luchino Visconti, e da un mio disallineamento sui tempi, che spero possa essere in parte colmato col "rilancio" della storia)

 

Le pagine della Carriera diplomatica che riguardano questa vicenda 

 

   

mercoledì 22 novembre 2023

Un laboratorio per il conservatorismo

 


È la proposta che Alleanza Cattolica ha lanciato nel  convegno Conservatori del futuro. Che cosa conservare, come ricostruire, che si è tenuto il 21 ottobre presso la Camera di Commercio di Napoli.

Da quando Giorgia Meloni ha lanciato la suggestione di un grande partito conservatore come orizzonte per la destra italiana, la discussione sul conservatorismo è uscita dai circoli intellettuali in cui era stata a lungo confinata e si è imposta a un pubblico un po’ più vasto.

Il rapporto tra la destra italiana e il conservatorismo è stato sempre molto problematico, anche se negli anni qualche vena qua e là sporadicamente è affiorata. Per capire questo radicale “essere altro” della destra italiana è necessario guardare indietro e riesaminare le modalità e le ispirazioni ideali con cui si è costituito lo stato unitario, e poi via via l’esperienza fascista, eterogenea per definizione e a grandi linee divisa tra un aspetto istituzionale (regime) più legato alla tradizione liberal-monarchica postunitaria e una forte spinta rivoluzionaria nutrita di futurismo, di vitalismo dannunziano, di sindacalismo e socialismo eretico, con l’attualismo gentiliano – e la sua interpretazione del fascismo come compimento del Risorgimento -  come coronamento filosofico. Marginale l’influenza del cattolicesimo politico, anche in conseguenza della reciproca estraneità/ostilità che si era determinata nella fase storica risorgimentale e post-unitaria: il Concordato attenuò le ferite, ma non incise in modo significativo nella cultura politica, se si esclude l’esile componente clerico-fascista del regime. La divaricazione si accrebbe man mano che il regime andò aumentando le pretese di controllo esclusivo delle organizzazioni giovanili e diventò più aspra quando si intensificò il rapporto col nazismo,  radicalmente ostile alla tradizione ebraico-cristiana, un fenomeno “in purezza” in cui totalitarismo non era limitato come in Italia dalla Monarchia, dalla componente nazionalista e dalla necessità di non esasperare il rapporto con la Chiesa cattolica. In tutto questo magma non si vede nessuna traccia significativa di conservatorismo, una linea di pensiero che semmai era più di casa tra i nemici della perfida Albione. Nel dopoguerra il cattolicesimo politico si concretizzò prevalentemente nella Democrazia cristiana, moderata e molto radicata nel tessuto sociale del paese, ma certo non classificabile conservatrice. Alla sua destra c’erano i monarchici, legati alla memoria delle risorgimentale casa Savoia e il Movimento Sociale Italiano, che su scala più piccola riproduceva le componenti ideologiche del fascismo, ma in definitiva di conservatori consapevoli nell'area vasta dalla Democrazia Cristiana al MSI - inserendo  nel computo anche qualche raro esponente liberalconservatore presente nel Partito Liberale -  si poteva scorgere solo qualche ombra.

In pratica da nessuna parte si potevano intuire le premesse per cui la tradizione di pensiero di Edmund Burke, Thomas S. Eliot, Russell Kirk, Roger Scruton potesse attecchire da noi: il termine qualche volta era stato utilizzato, ma riferito a prospettive e suggestioni non omogenee, come nel caso di Giuseppe Prezzolini (sempre evocato da qualche volenteroso cercatore di antenati italici) e di Piero Buscaroli, giornalista e musicologo robusto - sulla cui attività culturale multiforme si può consultare una bella pagina web -  ma poco noto fuori della cerchia dei lettori de Il Borghese (e per la verità anche de L'Occidentale proprio a causa di un mio contributo).

La proposta di Giorgia Meloni fu perciò sorprendente: è chiaro che non fu improvvisata, anche se imprevista dai più, e che da tempo lei andava maturando questa scelta, forse favorita dalla mediazione della lettura appassionata e partecipe della saga di Tolkien. Fatto sta che in uno dei suoi primi pronunciamenti da leader nell’elenco dei padri nobili inserisce a sorpresa Gustave Thibon e Roger Scruton: è in quel momento che si è aperta la possibilità concreta di dare seguito politico a una prospettiva molto marginale. Alleanza Cattolica, il movimento fondato da Giovanni Cantoni negli anni 70  - classificabile più propriamente come tradizionalista e contro-rivoluzionario (nel suo Olimpo, oltre a Burke troviamo De Maistre, il carlismo spagnolo, l’epopea vandeana, gli insorgenti italiani antifrancesi) -  ha mostrato un crescente interesse verso la prospettiva conservatrice: l’idea del laboratorio – che nelle intenzioni dei promotori sarà “una piattaforma digitale sulla quale chiunque abbia qualcosa da dire a proposito del conservatorismo lo possa fare, liberamente. Una piattaforma che vorrebbe diventare un ambiente” – è stata preceduta dal convegno Conservatori del futuro tenutosi presso la Biblioteca del Senato il 3 maggio 2023, su iniziativa del sen. Marcello Pera, con la partecipazione di Marco Invernizzi e Giovanni Orsina, e dalla successiva pubblicazione del volume Conservatori. Storia e attualità di un pensiero politico (Ares, 2023), con i contributi di Marco Invernizzi, Giovanni Orsina, Oscar Sanguinetti, Andrea Morigi, Francesco Pappalardo, Mauro Ronco.

Il convegno di Napoli e l’iniziativa del laboratorio daranno modo di continuare una discussione non superficiale e nominalistica, di approfondire le implicazione di un certo orizzonte ideale. e forse di contribuire alla formazione di una classe politica più consapevole. A partire dalla terminologia.

[Versione con editing rivisto, pubblicato con lievi differenze su l'Occidentale del 21 ottobre 2023]