mercoledì 22 novembre 2023

Un laboratorio per il conservatorismo

 


È la proposta che Alleanza Cattolica ha lanciato nel  convegno Conservatori del futuro. Che cosa conservare, come ricostruire, che si è tenuto il 21 ottobre presso la Camera di Commercio di Napoli.

Da quando Giorgia Meloni ha lanciato la suggestione di un grande partito conservatore come orizzonte per la destra italiana, la discussione sul conservatorismo è uscita dai circoli intellettuali in cui era stata a lungo confinata e si è imposta a un pubblico un po’ più vasto.

Il rapporto tra la destra italiana e il conservatorismo è stato sempre molto problematico, anche se negli anni qualche vena qua e là sporadicamente è affiorata. Per capire questo radicale “essere altro” della destra italiana è necessario guardare indietro e riesaminare le modalità e le ispirazioni ideali con cui si è costituito lo stato unitario, e poi via via l’esperienza fascista, eterogenea per definizione e a grandi linee divisa tra un aspetto istituzionale (regime) più legato alla tradizione liberal-monarchica postunitaria e una forte spinta rivoluzionaria nutrita di futurismo, di vitalismo dannunziano, di sindacalismo e socialismo eretico, con l’attualismo gentiliano – e la sua interpretazione del fascismo come compimento del Risorgimento -  come coronamento filosofico. Marginale l’influenza del cattolicesimo politico, anche in conseguenza della reciproca estraneità/ostilità che si era determinata nella fase storica risorgimentale e post-unitaria: il Concordato attenuò le ferite, ma non incise in modo significativo nella cultura politica, se si esclude l’esile componente clerico-fascista del regime. La divaricazione si accrebbe man mano che il regime andò aumentando le pretese di controllo esclusivo delle organizzazioni giovanili e diventò più aspra quando si intensificò il rapporto col nazismo,  radicalmente ostile alla tradizione ebraico-cristiana, un fenomeno “in purezza” in cui totalitarismo non era limitato come in Italia dalla Monarchia, dalla componente nazionalista e dalla necessità di non esasperare il rapporto con la Chiesa cattolica. In tutto questo magma non si vede nessuna traccia significativa di conservatorismo, una linea di pensiero che semmai era più di casa tra i nemici della perfida Albione. Nel dopoguerra il cattolicesimo politico si concretizzò prevalentemente nella Democrazia cristiana, moderata e molto radicata nel tessuto sociale del paese, ma certo non classificabile conservatrice. Alla sua destra c’erano i monarchici, legati alla memoria delle risorgimentale casa Savoia e il Movimento Sociale Italiano, che su scala più piccola riproduceva le componenti ideologiche del fascismo, ma in definitiva di conservatori consapevoli nell'area vasta dalla Democrazia Cristiana al MSI - inserendo  nel computo anche qualche raro esponente liberalconservatore presente nel Partito Liberale -  si poteva scorgere solo qualche ombra.

In pratica da nessuna parte si potevano intuire le premesse per cui la tradizione di pensiero di Edmund Burke, Thomas S. Eliot, Russell Kirk, Roger Scruton potesse attecchire da noi: il termine qualche volta era stato utilizzato, ma riferito a prospettive e suggestioni non omogenee, come nel caso di Giuseppe Prezzolini (sempre evocato da qualche volenteroso cercatore di antenati italici) e di Piero Buscaroli, giornalista e musicologo robusto - sulla cui attività culturale multiforme si può consultare una bella pagina web -  ma poco noto fuori della cerchia dei lettori de Il Borghese (e per la verità anche de L'Occidentale proprio a causa di un mio contributo).

La proposta di Giorgia Meloni fu perciò sorprendente: è chiaro che non fu improvvisata, anche se imprevista dai più, e che da tempo lei andava maturando questa scelta, forse favorita dalla mediazione della lettura appassionata e partecipe della saga di Tolkien. Fatto sta che in uno dei suoi primi pronunciamenti da leader nell’elenco dei padri nobili inserisce a sorpresa Gustave Thibon e Roger Scruton: è in quel momento che si è aperta la possibilità concreta di dare seguito politico a una prospettiva molto marginale. Alleanza Cattolica, il movimento fondato da Giovanni Cantoni negli anni 70  - classificabile più propriamente come tradizionalista e contro-rivoluzionario (nel suo Olimpo, oltre a Burke troviamo De Maistre, il carlismo spagnolo, l’epopea vandeana, gli insorgenti italiani antifrancesi) -  ha mostrato un crescente interesse verso la prospettiva conservatrice: l’idea del laboratorio – che nelle intenzioni dei promotori sarà “una piattaforma digitale sulla quale chiunque abbia qualcosa da dire a proposito del conservatorismo lo possa fare, liberamente. Una piattaforma che vorrebbe diventare un ambiente” – è stata preceduta dal convegno Conservatori del futuro tenutosi presso la Biblioteca del Senato il 3 maggio 2023, su iniziativa del sen. Marcello Pera, con la partecipazione di Marco Invernizzi e Giovanni Orsina, e dalla successiva pubblicazione del volume Conservatori. Storia e attualità di un pensiero politico (Ares, 2023), con i contributi di Marco Invernizzi, Giovanni Orsina, Oscar Sanguinetti, Andrea Morigi, Francesco Pappalardo, Mauro Ronco.

Il convegno di Napoli e l’iniziativa del laboratorio daranno modo di continuare una discussione non superficiale e nominalistica, di approfondire le implicazione di un certo orizzonte ideale. e forse di contribuire alla formazione di una classe politica più consapevole. A partire dalla terminologia.

[Versione con editing rivisto, pubblicato con lievi differenze su l'Occidentale del 21 ottobre 2023]

 

mercoledì 19 aprile 2023

Uomini e orsi: una convivenza ancestrale, ma non sempre felice

 

La pena di morte comminata ai criminali è stata sempre giustificata con tre ordini di motivi: vendetta e "risarcimento" per il sangue versato, espiazione della colpa, esempio e ammonizione per i malintenzionati, eventualmente dissuasi dalla paura di perdere a loro volta la vita.
Nel consorzio umano abbiamo quasi ovunque surrogato queste esigenze con detenzione a vita o comunque lunghissima, mentre ha assunto crescente importanza l'aspetto rieducativo della pena.
Ma per gli animali che senso ha? Forse resta in piedi solo quello ancestrale della vendetta. Per il resto non credo ci si aspetti che gli orsi del Trentino vengano a sapere che uno di loro è stato fucilato e che uccidere un essere umano può comportare la pena di morte.
Se di orsi ce ne sono troppi e se i trentini vogliono tenere il territorio come un grande parco urbano dove girare e correre in sicurezza, prima di tutto non dovrebbero attivare progetti –pure finanziati-  per ripopolarlo con animali di quel tipo, senza peraltro commisurarne adeguatamente l’impatto con un territorio così antropizzato e turisticizzato; adesso che la frittata è fatta però dovrebbero studiare le modalità per trasportarli in altri luoghi, più adatti, o meno popolati, o meno propensi a trasformarsi totalmente in Disneyland del turismo vagante nella natura sterilizzata e confortevole. 
Però la condanna a morte del colpevole no. Decisamente no, piuttosto paradossalmente sarebbe preferibile e più rispettosa di ancestrali equilibri la caccia selettiva, quando il numero degli animali diventasse davvero eccessivo rispetto al territorio: certo con criteri seri, molto seri, possibilmente non stabiliti dagli operatori del turismo, che ovviamente preferiscono i boschi incontaminati ma disabitati, quelli degli spot del Trentino verde per capirci, o dai politici che li rappresentano, che sembrano sempre ansiosi di abbatterli.

 



Qualcuno potrebbe obiettare che l'abbattimento degli animali pericolosi viene disposto anche per quelli domestici, come per esempio può accadere quando un cane sbrana un essere umano. Ma è molto diverso, se non altro perché il cane coabita abitualmente con l'uomo e può reiterare il comportamento feroce, almeno così dicono. Oppure può avere la rabbia, e dunque c’è un motivo sanitario. Sebbene anche nel caso domestico non trascurerei del tutto la componente "vendetta" nei confronti di un animale magari allevato per assalire o tenuto in condizioni detentive inappropriate. A questo proposito sono interessanti, anche per l’antropologia culturale attuale, certi processi medievali - con condanna a morte seguita da esecuzione pubblica ovvero da assoluzione - nei confronti di animali ritenuti capaci di una qualche intenzionalità e dunque dotati di responsabili penale. Celeberrimo il caso della scrofa assassina celebrato nel 1266 a Fontenay-aux-Roses, in Francia. Secoli dopo, nel 1750, una femmina d’asino fu assolta dalle accuse di bestialità a causa delle testimonianze degli uomini, che ne acclamarono le virtù e la sua generale buona condotta.

 

Comunque sia non si può applicare la categoria della domesticità e della prossimità a un orso che si aggira nei boschi, si spaventa o difende i piccoli: tanto è vero che in 150 anni in Italia registriamo un morto e alcuni episodi di aggressione pericolosa da parte di orsi, avvenuti quasi tutti in Trentino e in questi ultimi anni: si tratta di numeri infinitamente minori di altri eventi tragici dovuti alla frequentazione della natura, alpinismo, immersioni, incidenti di caccia. Un mondo totalmente privo di rischi si può avere soltanto restando in casa. Ma, lo sappiamo, solo fino a un certo punto: basta un terremoto di media intensità a scalfire questa sicurezza e a richiamarci al fatto ineludibile che siamo inseriti in un cosmo non sempre amichevole. 

 

Sulla lunga vicenda del rapporto tra l’uomo e l’orso consiglio fortemente la lettura del volume dell’antropologo Michel Pastoureau L’Orso, storia di un re decaduto, pubblicato da Einaudi, un percorso veramente affascinante dalla preistoria all’orso Teddy. Per molto tempo in tutta Europa il re degli animali non fu il leone, bensì l'orso: ammirato, venerato, considerato come un progenitore o un antenato dell'uomo. I culti dedicati all'orso migliaia di anni prima della nostra era hanno lasciato tracce nell'immaginario e nelle mitologie fin nel cuore del Medioevo cristiano. Ben presto la Chiesa si sforzò di sradicarli. I prelati e i teologi erano impauriti dalla sua forza brutale, dal fascino che esercitava su re e cacciatori e soprattutto da una credenza secondo la quale l'orso maschio rapiva e violentava le giovani donne: da quell'unione nascevano uomini mezzi-orso, guerrieri invincibili, fondatori di dinastie o antenati totemici. L'apice della sconfitta fu raggiunto quando dal diabolico si passò al ridicolo e l'iconografia, la letteratura e la pratica comune finirono per identificare l'orso come il goffo bersaglio di bastonate, senza corona ma con catene e museruola. Eppure, la caduta dell'orso non è stata totale: lo si ritrova ancora oggi, tenero confidente, nella culla di ogni bambino.

 

 

 

                    
La lotta tra l’orso e il leone per la conquista del trono del regno animale (dal Salterio di Ormesby)


 

Pubblicato senza sostanziali modifiche su L'Occidentale del 18 aprile 2023