sabato 28 marzo 2020

Il mio paese, Francesco e la stella del mare in tempesta


A chi è nato al mio paese, o comunque l’ha frequentato abbastanza a lungo o abbastanza in profondità, non sarà sfuggito il momento in cui Papa Francesco ha parlato della «stella del mare in tempesta»
Per noi l’antichissima Ave maris stella non è un inno archeologico, del tempo in cui la Chiesa cantava in gregoriano È il canto corale e apicale delle due cerimonie più “identitarie” che abbiamo: i Vespri della Vigilia dell’Assunta, con cui si apre il ciclo festivo di Canneto, e quelli della sera del 29 agosto, che lo chiudono. Fra l'altro, pur nell'incertezza delle sue origini, non è escluso che l'inno sia stato composto da Paolo Diacono a Montecassino, circa 1500 anni fa: e quindi ben due volte di casa.

Ognuno di noi ha un rapporto speciale con quei giorni, ognuno conosce la commozione e lo stupore per la presenza quasi tangibile degli assenti nella bella parrocchiale per una volta gremita di folla: tutti gli assenti, quelli lontani e quelli andati via definitivamente. Da un po’ di tempo ho scoperto che nei Vespri del 29 i miei assenti sono più presenti: forse sono facilitati dal primo fresco autunnale che a volte si affaccia, forse dal pathos della processione finale “alla reversa”. Forse semplicemente perché - uscendo nella sera che nel frattempo è scesa frescheggiante mentre dentro si cantava a squarciagola e le lacrime sgorgavano a fontanella - troviamo i volti e i sorrisi dei vivi, quelli che abbiamo desiderato tutto l’anno, e a volte anche quelli regalati da una sorpresa inattesa. Ed è bello disperdersi nella piazza con la certezza di avere una comune radice spirituale così forte, e l’incombenza pure forte e comune, ma sanamente materialista, di procacciarsi la porchetta o le salsicce con la birra.

Per tutti noi, dunque, anche quelli che in chiesa ci vanno praticamente solo quella volta o poco più, la Stella del mare è una di famiglia, e ha il volto della Madonna di Canneto (quella bianca, perché la nera appartiene a tre o quattro regioni, la rispettiamo e la veneriamo pure, ma non sta proprio dentro casa e sappiamo bene che ha incombenze territorialmente più vaste...).
Per tutti noi d’ora in avanti sarà difficile dimenticare questa precisazione di papa Francesco quando la intoneremo di nuovo la nostra Ave maris stella, sempre in latino, sempre in gregoriano, e manco a dirlo con le lacrime a fontanella: per un paio di secondi la mente non potrà non sostare sulla “tempesta”, prima che la bocca prosegua con “Dei Mater alma”, e tutto il seguito, che praticamente conosciamo a memoria.
Non sono sicuro che sarà quest’anno, come tutti vorremmo, ma è certo che succederà di nuovo. E con un tremito in più, quello che ci darà il ricordo di questi mesi.

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