martedì 31 marzo 2020

O Germania o Germania del mio cuore



Nella temporanea clausura in cui ci costringe il lockdown non abbiamo certo abbandonato uno dei nostri sport preferiti, giacché è praticabilissimo soprattutto sui social con vari livelli di professionalità e articolato in più specialità: dalla caccia con foto al vicino di casa che infrange le “regole” all'attizzo contro il vicino “geografico” che ci impoverisce – se sta oltre le Alpi – o ci contamina, se è il Mediterraneo a separarci. In questi giorni, atteso che almeno la diffusione del virus cinese non si può attribuire ai barconi, l’attenzione generale è focalizzata sul problema dei prestiti europei e delle eventuali garanzie che per alcuni paesi sarebbero ineliminabili. 



E’ un tema molto concreto, e anche pericoloso per la tenuta dell’Europa comunitaria. Probabilmente oltre la siepe che delimita la nostra convivenza imperfetta ed egoistica c’è solo lo scenario di uno spezzatino in preda all'egemonia del dispotismo orientale, a meno di un improbabile recupero energico della leadership atlantica degli USA, che almeno ce ne terrebbe al riparo. Perciò per me la cosa migliore sarebbe che si trovasse un accordo, un punto di caduta sugli Eurobond, o altrimenti detti Coronabond: è un terreno su cui si possono legittimamente avere opinioni anche radicali, e anche accusare la Germania e i paesi nordici di miopia politica e di mancanza di strategia, in presenza di una svolta mondiale così drammatica.

Ma quello che sta succedendo è molto diverso. La fioritura di luoghi comuni e di insulti forse non conosceva un acme così intenso dalle radiose giornate del maggio  1914, quando fummo trascinati in guerra contro gli Imperi centrali, nostri alleati della Triplice Alleanza (e, secondo qualcuno, anche contro i nostri veri interessi, ma questa è veramente un’altra storia).  Nei social si è aperta la gara al lancio del fango  sulla Germania e sulla nazione tedesca, qualcuno arriva fino ad auspicare un bombardamento a tappeto ogni 50 anni. Paradossalmente e retoricamente lo so, ma la sola memoria di Dresda dovrebbe impedire per sempre battute di questo tenore: non è che siano tanto diverse dall'auspicio delle camere a gas che fa qualche trucido antisemita quando la politica dello stato di Israele appare disumana. 

Ma soprattutto, tralasciando temi come la capacità produttiva e organizzativa della Germania anche in questa drammatica circostanza dell'epidemia, che nessuno può disconoscere, la storia e la cultura della Germania sono larga parte della storia e della cultura europea, a partire dal mai abbastanza rimpianto (da me) Sacrum Imperium romano-germanico. Ma anche se non siete cultori della grandezza del Barbarossa, di Federico II di Manfredi, anche se vi siete dimenticati di come Dante preconizzava la salvezza dell’umile Italia (Inferno, I, 106) ad opera di Arrigo VII, anche se tutta questa roba vi sembra imparagonabilmente lontana dalle attuali leadership tedesche, evitate di coinvolgere il popolo e la nazione tedesca: la sua storia ha sì conosciuto il bianco e certamente pure il nerissimo, ma è una storia grande a cui tutti noi europei dobbiamo moltissimo: basta una carrellata di nomi, di luoghi e di secoli.

Siamo tutti politologi, siamo tutti storici, siamo tutti strateghi, e va bene, ma stiamo calmi e non confondiamo … il culo con le Quarantore, come si dice elegantemente in Toscana.




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