venerdì 7 ottobre 2016

Ma Renzi vuol prendersi pure le università?

Pubblicato su L'Occidentale del 4 ottobre 2016

Siccome la corruzione può annidarsi dappertutto, il numero uno dell’anticorruzione, Raffaele Cantone, interviene oramai sui temi più disparati, dalla liberalizzazione delle droghe cosiddette leggere fino ai problemi dell’Università. Lo scorso 24 settembre, il Corriere della Sera pubblica un’inchiesta sullo stato dell’Università italiana, corredata da quattro impietose tabelle OCSE (per le tabelle vedi un mio post su Recto&Verso): dagli investimenti pubblici al numero dei laureati, tutti i dati ci posizionano molto al di sotto della media UE21 e G20. Che i numeri non siano confortanti sono tutti d’accordo. Resta però che la qualità del “prodotto” in termini di laureati e dottori di ricerca sembra abbastanza alta, se si considera la presenza abbondante di ricercatori italiani nelle università nordamericane, britanniche e dell’Europa del Nord.
Per Cantone è l’occasione di mettere sotto accusa la corruzione dei nostri concorsi universitari, che costringe i migliori ad andarsene all’estero. La maggior parte dei media si accoda e spuntano vecchie indagini sulla “parentopoli. C’è una casta da additare al pubblico ludibrio, come resistere? Fioccano le repliche di parte accademica, col sito ROARS in prima fila: innanzitutto parlare di parentopoli è fuorviante, si tratta di un fenomeno molto disdicevole ma la cui rilevanza numerica non basta assolutamente a spiegare il declino dell’università: il problema vero è che non si fanno concorsi per ricercatori, e i giovani di talento sono costretti ad emigrare. Tutto chiaro? Veramente non proprio tutto, e vediamo perché, considerando che le risposte sommarie non giovano mai troppo, quando si ha a che fare con problemi complessi.
Intanto diciamo che è vero, parentopoli in senso stretto è un fenomeno abbastanza limitato, a un tentativo di esame statistico serio non sembra superare la soglia “possibile” del 3% del personale docente. E’ vero anche che ogni tanto il tema emerge mediaticamente perché fa tanto “casta”. Ma è anche risaputo che esistono altri tipi di filiere accademiche e consorterie, non sempre virtuose, a dire il meno. Insomma, rispondere ai rilievi fatti da Cantone affermando che nelle università va tutto bene e quindi “dateci più soldi e ci pensiamo noi”, può essere irritante, oltre che fuorviante. Ma c’è un altro aspetto della questione che preoccupa e molto: se l’esito di queste polemiche dovesse essere un aumento del controllo governativo sulle cattedre universitarie, avremmo aggiunto un tassello importante al processo di abbattimento dei corpi intermedi e delle autonomie, che costituisce la “cifra” più significativa della riorganizzazione istituzionale predisposta dal governo Renzi.
Purtroppo non si tratta di un’ipotesi solo teorica. Il famoso decreto sulle “cattedre Natta”, in preparazione, prevede l’assunzione straordinaria di un certo numero di docenti universitari in deroga alle norme concorsuali vigenti, con criteri che saranno definiti da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, vagliati da commissioni nominate appositamente. E’ stata ventilata l’ipotesi che i commissari potrebbero essere nominati direttamente dalla Presidenza del Consiglio: questo punto non è ancora chiaro, ma stupisce che l’allarme lanciato da ROARS (l'editoriale Umberto Izzo) non abbia suscitato reazioni né smentite, almeno per ora.
Polemicamente, l’editorialista di ROARS ha affermato che neppure Mussolini si immaginò mai di arrivare a tanto e che sarebbe un bel metodo per normalizzare le università, dove allignano ancora troppi gufi e rosiconi. Umberto Izzo, ricordando “il valore della libertà accademica, intesa (fra le altre cose) anche quale autonomia dell’Università dalla politica”, conclude: “Con le lenticchie di questo (piccolo e tuttavia prezioso, vista la penuria dei tempi) piatto delle cattedre Natta ci si potrà sfamare mettendosi ordinatamente in fila, ma il costo rischia di essere davvero incommensurabile per l’autonomia della comunità scientifica italiana”. Se si aggiunge che la parlamentare del PD Francesca Puglisi, componente della VII commissione Istruzione pubblica, ha affermato che ”…il decreto Natta sarà una sperimentazione per la selezione dei docenti universitari. Potrebbe rivelarsi un procedimento da estendere a tutti i docenti universitari, non solo alle supercattedre”, il cerchio si chiude.
Forse a voler essere scaramantici è meglio dire “si chiuderebbe” perché riesce veramente difficile immaginare che in un paese democratico possa verificarsi un’occupazione di queste dimensioni dell’Università da parte della Presidenza del Consiglio. E’ necessario denunciare questo rischio e contemporaneamente resistere alla pressione mediatica che immagina di rispondere ad ogni imperfezione della società con un aumento del controllo politico. Contro ogni deriva centralistica, e sfidando un bel po’ di radicato giustizialismo dilagante, si deve riaffermare che le Università, come del resto ogni comunità organizzata dedicata alla studio e alla ricerca, possono crescere solo se utilizzano procedure di cooptazione, ossia se la comunità è messa in condizione di scegliere chi è in grado di farne parte.
Lo Stato si deve occupare di monitoraggio costante dell’offerta formativa in termini di corsi e di sedi, di valutazione dei risultati della ricerca misurata con criteri articolati e non meramente numero-bibliometrici, dei risultati della didattica, anche attraverso il feedback degli studenti e degli stakeholder presenti nel territorio, e di ricaduta in termini di occupazione lavorativa, certamente perfezionando e affinando gli strumenti già in uso. Ma l’idea che i commissari li nomini il nostro multitasking presidente del consiglio, o chi per lui - che così metterebbe le mani anche sull'università, dopo i giornali, le tv, le banche - francamente deve essere rigettata con forza. Anche in questo caso, come in analogia per le autonomie comunali e i corpi intermedi, occorre rafforzare una proposta politico-culturale che miri a darci un sistema universitario adeguato alle esigenze di un grande paese e che si opponga con fermezza ad ogni tentativo di mortificarne la vivacità e la crescita autonoma.