giovedì 11 ottobre 2018

Il passaporto dello zampognaro



Quando si comincia a sentire aria di Natale - e ancora prima, durante la Novena dell’Immacolata - a volte nelle città arriva ancora lo zampognaro. Che poi in realtà sono sempre in due, perché uno suona la zampogna e l’altro la ciaramella: la coppia sembra uscita come per magia da un presepe napoletano, o da una stampa dell’Ottocento, salvo qualche particolare: la pelle ovina dell’otre adesso per lo più è surrogata da uno pneumatico, ed è difficile che indossino il giacchetto regolamentare di lana di pecora, se non per un voluto recupero vintage, o come abito di scena nelle sagre.

Se siete fastidiosi come me e li interrogate sulla provenienza, dopo qualche generico “Abruzzo”, insistendo e precisando saprete che in moltissimi casi vengono dall'area delle Mainarde, tra Valcomino e il Molise isernino, una zona dove la zampogna è trattata con tutti gli onori: ogni anno si tiene un Festival internazionale della zampogna (Acquafondata) e ci sono musei  dedicati (ScapoliVilla Latina). Non mancano neppure iniziative di serio recupero musicale, con in testa l'associazione Calamus e l'attività di Gianni Perilli. Cosicché adesso l’interesse musicologico per la zampogna ha travalicato l’area molisano-cominense e ci sono esecuzioni di maestri di alto livello come Ambrogio Sparagna e gruppi musicali di tutto rispetto come I Musicanti del piccolo borgo, per non dire dei bravissimi del gruppo locale Decalamus.


Gli zampognari che si incontrano nelle città nel periodo natalizio però continuano a suonare come una volta i motivi delle “novene” (frequentissima Tu scendi dalle stelle) e restano in pieno nel solco tradizionale degli artisti girovaghi: in passato dalla stessa area provenivano  anche altre figure, che potremmo raggruppare nella categoria dei circensi “minori”: suonatori e giocolieri vari, e poi  i mitici orsanti, ben documentati anche nell'appennino parmense. 





Si sa che di questa tradizione girovaga c’è più di una traccia nella letteratura. 

Ricordo un poco noto e "minore" Gabriele D’Annunzio nel racconto Le Vergini, pubblicato nel 1884: "avevano una religiosa e familiare letizia quei suoni che i ciociari di Atina traevano da un otre di pecora e da un gruppo di canne forate".






E poi, obbligatoriamente, D.H. Lawrence, con il romanzo La ragazza perduta del 1920 (Lawrence aveva soggiornato a Picinisco nel 1919) ambientato in paesi riconoscibilissimi, il cui co-protagonista è un suonatore ambulante proveniente proprio dalla Valle di Comino, finito a Londra girovagando.








Si sa un po' meno di altre fonti documentali più dirette, che pure non mancano: Ferdinando Galiani, segretario d'ambasciata a Parigi, in una lettera del 1764 Bernardo Tanucci, ministro del re di Napoli, parlando di una carestia di grano che in quell'anno afflisse il tutto il Regno, e dunque anche i paesi della Valcomino, accenna agli zampognari della zona di Sora che girovagavano per l'Europa e che in questo girovagare avrebbero anche appreso l'uso alimentare della patata. 

L' Inchiesta agraria  per il circondario di Sora(1) rammenta l'antica tradizione vagabonda dei montanari di Picinisco e San Biagio Saracinisco, suonatori e conduttori di orsi per spettacoli di piazza.
1. Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola 1880-1885, VII, p. 345


Alle fonti si è aggiunto da poco un documento ritrovato a Picinisco, in casa di Walter De Santis e Dina Antonelli, fortunatamente sopravvissuto a più di 150 anni di possibili agguati di muffa, di topi, di acqua, di fuoco: Walter e la nuora Michela stanno sgombrando un po’ di roba dalla cantina, e sono lì lì per buttare il contenuto di un vecchio cassetto, quando Michela con uno sguardo rapido è attirata da un foglio piegato. Lo prende, lo apre e scopre che è un documento del 1848, un “passaporto” che autorizza Biasio Capocci -suppongo trascrizione di Biagio-  di condizione zampognaro, a passare il confine del Regno delle Due Sicilie per recarsi nello Stato Romano (si può ipotizzare a Roma per la Novena, come quelli del racconto di D’Annunzio a Pescara).





Dello zampognaro Biasio, che con questo recupero diventa in qualche modo un personaggio concreto della microstoria sociale, veniamo a sapere che ha 35 anni, è di statura bassa, ha il naso “giusto”, il mento regolare, la barba ordinata, i capelli e gli occhi “castagni”. Pare di vederlo, no? 

Ma avrà suonato la zampogna o la ciaramella? questo non c’è scritto, e non credo che lo sapremo mai.

Ultimo particolare, importante per la storia sociale. Guardate proprio in testa: Biasio non paga il bollo, il passaporto è gratis “perché povero”




Conclusione: lo zampognaro Capocci Biasio, di Picinisco, è girovago, va a suonare anche all'estero ed è povero. Certificato, con tanto di firma, dal Capitano della Guardia Nazionale Antonio Ferri.



Ringrazio Walter De Santis per avermi autorizzato a pubblicarlo e a scriverne. E Michela Gentile, per averlo salvato e per avermene mandato la foto  praticamente in tempo reale.

A chi voglia approfondire in modo dettagliato e documentato il tema, con riferimento specifico all'area molisana, consiglio la lettura di "Le migrazioni degli zampognari molisani nei secoli XIX e XX", di Antonietta Caccia.

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