giovedì 11 novembre 2021

Le corna di San Martino

Tra la fine di ottobre e la festa di San Martino, molto tempo prima che nei nostri paesi arrivasse l’illuminazione elettrica, le zucche la facevano da padrone, con la bocca e gli occhi scavati e illuminate da candele, a rappresentare i morti, e anche a impedirne il ritorno nelle case. Le zucche, e attorno i bambini come messaggeri e interpreti dei morti, questo è il canovaccio standard.  In Abruzzo, Puglia, Calabria, Friuli, sono attestati cortei di bambini, muniti di una zucca svuotata e illuminata all'interno da una candela, che passavano per le case battendo alla porta, e alla domanda del padrone “ chi è?”, rispondevano una cosa come “le anime dei morti”, ricevendo in cambio dolci, monete o altro: facile riconoscere lo schema elementare di “scherzetto o dolcetto”.

Poi è arrivata la TV, e ancora dopo le zucche e le maschere di importazione americana: ma intanto era passato un bel po’ di tempo, pochi si ricordavano dei poveri riti del nostro folklore agricolo, e tutto l’ambaradan della "vigilia di tutti i santi" (all allows eve) sembrò una novità assoluta, e pure brutta, se non irriverente o addirittura satanica. Ma invece più che un’americanata pura era un ritorno di usanze che erano arrivate in America con i contadini europei: l’accento era un po’ cambiato, i vestiti pure, ma da qua venivano, come è successo per dire a San Nicola che ci è tornato indietro ingrassato e trasformato in Santa Claus, che poi come si sa è lo stesso nome; e perfino i vestiti rossi vengono da quelli del santo vescovo di Mira venerato a Bari.


Ma questo più o meno lo sanno tutti, anche i più riluttanti, quelli che invocano l’esorcista appena vedono profilarsi all'orizzonte uno vestito da fantasma.


 
Invece le credenze che ruotano attorno a San Martino di Tours rimangono più oscure, ed è come se due figure si fossero sovrapposte, una agiografica ed ecclesiastica, l'altra folkloristica e popolare. Sul santo esiste un'agiografia codificata, basata sulla Vita Martini, un testo del IV secolo attribuito Sulpicio Severo, e di lui si sa tutta la storia: il freddo, il povero, il mantello diviso, la vita da monaco, vescovo e santo. Resta però da spiegare soltanto un particolare curioso, molto radicato nelle narrazioni popolari: San Martino è comunemente definito cornuto, e quindi popolarmente anche protettore dei cornuti. Una qualificazione stranissima, a dirla così. Ma se facciamo un giretto tra le credenze che vanno e vengono, scopriamo che in certi paesi -sempre prima che la TV divenisse la compagna universale delle serate- c’era l’usanza di fare una processione parodistica di bambini con una zucca vuota forata negli occhi, nel naso e nella bocca e illuminata all'interno da una candela. Sulla fronte troneggiava una coppia di corna di capro, di toro o di montone. In molti casi la zucca era la testa di un pupazzo di paglia che alla fine della processione veniva bruciato in un bel falò.
Nel Napoletano e in Campania questa faccenda delle corna di San Martino è particolarmente viva, e proprio da quelle parti veniamo a scoprire un’altra tessera del mosaico: la curiosa storia della sorella “puttana”, che – non avendo egli moglie- spiegherebbe la cornutaggine del santo.
San Martino se purtava ‘a sora ncuollo... San Martino si portava sulle spalle la sorella, per evitare che desse seguito alle sue incontenibili voglie, ma invano, perché lei trovava sempre il modo per sfuggire alla sorveglianza. Su questa beffarda e poco agiografica narrazione a volte erano incentrate le processioni caricaturali, parodia delle processioni ufficiali, con tanto di soste e sermone. Da bambino ho assistito dal vivo a questa rappresentazione, con zucca e campanacci, organizzata, gestita e interpretata specialmente da ragazzi appartenenti a famiglie di pastori (che avevano la disponibilità dei campanacci), che detenevano anche il copione del rituale, con le soste e i sermoni irriverenti sulla vita caricaturale del santo, compresa la spiegazione della famosa "cornutaggine”, dovuta alla disinvolta sorella.
 
Ma solo un'ultimissima tessera ci spiega compiutamente il disegno del mosaico: molto probabilmente la storia della sorella puttana è nata per l’impossibilità di spiegare le corna, che non erano di San Martino di Tours, quello del mantello, quanto piuttosto di un dio precristiano, munito di corna (Cernunno?) di cui lui ha preso il posto e alcune funzioni. Insomma, dietro la festa e la figura di Martino era nascosto un altro dio, la cui forza, potenza e fecondità erano simbolizzate dalle corna.


 

In ogni caso gli elementi carnevaleschi e propri di una notte da "mondo alla rovescia", con i bambini protagonisti, sono chiarissimi in tutte le manifestazioni di questo periodo dell'anno. Periodo di pausa, di svina, di rinnovo di patti agricoli, e quindi contaminato con le credenze e le pratiche sulla fine del tempo vecchio e l'inizio del tempo nuovo, come il capodanno e il carnevale. Non è un certo un caso se in certi paesi d’Abruzzo la festa di San Martino si chiama Capetiempe.