La Madonna di Rupecava è una severa immagine trecentesca in legno,
attribuita - a detta della relativa voce di Wikipedia - ad Andrea Pisano. E’ stata restaurata e restituita ai suoi bei
colori nel 2000.
Da un po’ di tempo conduce una vita da esule, ospitata nella
vicina Ripafratta, perché la sua casa di Rupecava è fatiscente e dirupata,
probabilmente in modo irreversibile e senza speranza di interventi di restauro.
Arrivo a Ripafratta da Pisa, lungo la via
vecchia lucchese. La chiesa è chiusa, come capita sempre più spesso nei
nostri paesi, per via dei furti e dei danneggiamenti. E così non posso vederla dal vero: visita rimandata a una prossima domenica.
Ripafratta è l’ultimo paese del Pisano in riva al Serchio, a confine con la Lucchesia, di cui risente i buoni influssi nel parlato e nella cucina. Come ogni posto di confine che si rispetti, ha un’aria severa, munita di rocche e torri, che la fanno distinguere nettamente al viaggiatore che percorra l’autostrada o la statale, o meglio – con subitanea apparizione di bellezza – al camminante che si spinga sulla dirimpettaia collina di Avane, dall'altra parte del fiume.
Prendo un po’ d’acqua alla fontana accanto alla chiesa (le
scarpe sono già quelle buone) e mi inerpico per un’oretta verso il
convento di Rupecava, attraverso il sentiero Pisa 00, dorsale del Monte Pisano,
che a Ripafratta si imbocca col nome meno trendy, ma decisamente più antico e paesano di “Via di sopra”. Lascio il paese, veramente un po’ degradato in questa parte, e, superati un
paio di torrioni in successione, mi inoltro nel bosco.
A Rupecava si arriva con poco cammino, in qualche tratto in
salita più ripida, ma sempre a portata di (quasi) tutte le gambe. Tant'è che
vale la pena di allungare ancora per poco più di un chilometro e raggiungere il
crocevia adiacente il sacrario di Molina di Quosa, dedicato alle vittime di una
delle tante rappresaglie dell’esercito tedesco che martirizzarono queste terre
dopo l’armistizio del 43.
Il convento di Rupecava fa parte di una costellazione di
eremi e luoghi di culto che punteggiano il Monte Pisano, oggi praticamente
tutti in pessimo stato di conservazione, e che hanno conferito alla zona il
suggestivo appellativo di “Tebaide della Toscana”.
I resti, dirupati e vandalizzati, evidenziano una costruzione
importante, con cappelle, sale e murature articolate attorno a grotte naturali.
Le notizie sicure più vecchie risalgono alla consacrazione
del 1214, ma pare ci siano motivi fondati per ritenerlo il più antico tra gli
insediamenti eremitici del Monte Pisano.
Nel Settecento risulta ancora vitale e tenuto da una comunità di frati
agostiniani, collegati anche col convento di San Nicola a Pisa.
Il culto della Madonna di Rupecava era molto diffuso tra le popolazioni
della Bassa Val di Serchio. Anticamente la festa più importante era il 13
maggio, anniversario
della consacrazione del Pantheon alla Madonna Regina dei Martiri: il
titolo ufficiale della chiesa di Rupecava infatti è Sancta Maria ad Martyres. Ancora all'inizio dell'Ottocento ci sono tracce
di questa festa, celebrata dagli abitanti dei paesi più vicini (quelli del
cosiddetto Fosso Macinante) e chiamata Festa di Santa Maria dal Fosso in su.
Ma da molto
tempo la festa principale si era spostata all'8 settembre, giorno della Natività
di Maria, ed è quella celebrata dalle comunità della Bassa Val di Serchio, sia
lucchesi che pisane.
Il 14 agosto
si celebra la festa del voto: in ricordo di un rovinoso terremoto del 1840, che
risparmiò la popolazione di Ripafratta, gli abitanti si recano in processione
fino all'eremo.
Finisco con una notazione curiosa, in questa specie di micro recherche di resti di un’altra Italia: per
una circostanza sicuramente casuale ma non per questo meno suggestiva - come direbbe
un mio caro amico - il 14 agosto al mio paese è la “giornata-cuore” della festa
della Madonna di Canneto, altra abitatrice di dimore montane, e l'8 settembre si celebra la sentitissima festa della Madonna Bambina nel paese di mia madre, con tanto di sacello a un paio di
chilometri dall'abitato.