Forse per questo non mi sono mai rassegnato a perdere totalmente i contatti con le persone che via via ho conosciuto: è un'impresa titanica, anche se negli ultimi anni facilitata dal Web e dai social, ma ogni tanto qualcuno riesco a scovarlo. Un mio amico carissimo, uno dei pochissimi esistente e resistente 'da sempre' dice che faccio "l'archeologo del nostro passato", scherzando sulla mia ansia - a volte veramente compulsiva - di sapere che fine ha fatto Tizia oppure Caio. Non sempre è una bella sorpresa: di Gianni Cipriano, originario di Pozzuoli, mio importante compagno in quinta ginnasio a Villa Sora, non avevo trovato mai un cenno. Poco più di un mese fa, in una rituale ricerca Google, mi sono imbattuto nell'articolo del blog I campi Flegrei di Giuseppe Peluso. E così ho scoperto che era morto, nel 2018. E dire che io mi accanisco a cercare perché, come ho ripetuto mille volte, detesto la prospettiva di rivedere le persone… nel giorno del giudizio. Ma tant’è, Gianni era passato direttamente dall’altra parte senza mai aver avuto la possibilità di rievocare con lui un periodo così intenso. Ho messo una nota sul blog di Peluso, e lui mi ha pregato di mandargli qualche ricordo, qualche aneddoto di quel periodo, con cui integrare il suo articolo: cosa che puntualmente ha fatto. Così ho frugato un po’ nella memoria e in qualche cartaccia che viaggia con me da mezzo secolo.
Ecco qua
Gruppo di interni di Quinta nel cortile del ginnasio: Cipriano è il terzo della prima fila, io sono quello alla sua sinistra |
Sono stato compagno di Gianni Cipriano in quinta ginnasio, sezione B, nel collegio salesiano di Villa Sora a Frascati. Correva l'anno scolastico 1964-65
Fu un anno un po’ turbolento, suggestioni e curiosità “intellettuali” si affacciarono con forza nella nostra vita. Eravamo interessati a tutto ciò che percepivamo muoversi all’orizzonte: musica, cinema, letteratura. Come capita sempre nei film, e qualche volta anche nella vita reale, avevamo un insegnante di lettere coltissimo e di mentalità aperta (cosa che non gli impediva di essere più che severo quanto alla coniugazione dei verbi greci e altre simili atrocità) che ci sollecitava e ci apriva scenari inusuali nel grigio tran tran dell’istituzione collegiale, don Fulvio De Rossi, che anche dopo la scelta dello stato laicale, sopravvenuta qualche anno dopo, ha continuato per molto tempo ad insegnare egregiamente in un liceo romano. Prendevamo tutto molto sul serio. Ci passavamo con entusiasmo I nuovi aristocratici di Michel de Saint-Pierre, un romanzo ambientato in una classe di ginnasiali molto “in crisi”: questo era il contesto, soprattutto per alcuni di noi, e Gianni, col suo impermeabile beige (o bianco?) col bavero rigorosamente all’insù, era una delle punte degli “intellettuali” problematici e critici. Ricordo che in quel periodo iniziò la pubblicazione della collana Oscar Mondadori (350 lire a uscita): noi andavamo religiosamente ad accaparrarcela in una libreria sotto la galleria di Frascati, e nella nostra mente sedimentavano prospettive nuove, portate dagli autori francesi, americani, spagnoli che andavamo incontrando: eravamo decisamente, anche se ingenuamente, fuori della cultura del canone scolastico, c’era già quasi un’aria da pre-sessantotto, che si riverberava anche nel rapporto con i superiori, animati com'eravamo da un sentimento spesso border line e comunque abbastanza ostile.
Gianni, oltre che di musica, era appassionatissimo di cinema: ne ho rintracciato le prove anche in qualche pezzo scritto quell’anno per il giornalino ciclostilato, La Lanterna di Diogene, che - benché autorizzato e sorvegliato dall’istituzione- noi curavamo manco fosse un samizdat della primavera di Praga. Gianni durante la ricreazione amava appartarsi ad ascoltare i suoi adorati cantautori: ne ho trovato una traccia in un ritratto scherzoso, ma sicuramente affettuoso e solidale, che gli dedicammo con due pseudonimi Sistilio Montorfano ed io, coppia giornalistica che durò purtroppo molto poco.
Alla ripresa del primo liceo Gianni non c’era: rientrò a Pozzuoli, dove fece il liceo, all'università studiò a Napoli, laureandosi con Aurelio Lepre. Poi è stato un apprezzato professore insegnante di filosofia e storia nei licei di Desenzano e Sirmione. Fino a un mese fa, come ho già scritto, non avevo saputo più nulla di lui: in fondo la non esistenza dei social per lunghi anni non è stato sempre un vantaggio.