Tra la fine di ottobre e la festa di San Martino, molto tempo prima che nei nostri paesi arrivasse l’illuminazione elettrica, le zucche la facevano da padrone, con la bocca e gli occhi scavati e illuminate da candele, a rappresentare i morti, e anche a impedirne il ritorno nelle case. Le zucche, e attorno i bambini come messaggeri e interpreti dei morti, questo è il canovaccio standard. In Abruzzo, Puglia, Calabria, Friuli, sono attestati cortei di bambini, muniti di una zucca svuotata e illuminata all'interno da una candela, che passavano per le case battendo alla porta, e alla domanda del padrone “ chi è?”, rispondevano una cosa come “le anime dei morti”, ricevendo in cambio dolci, monete o altro: facile riconoscere lo schema elementare di “scherzetto o dolcetto”.
Poi è arrivata la TV, e ancora dopo le zucche e le maschere di importazione americana: ma intanto era passato un bel po’ di tempo, pochi si ricordavano dei poveri riti del nostro folklore agricolo, e tutto l’ambaradan della "vigilia di tutti i santi" (all allows eve) sembrò una novità assoluta, e pure brutta, se non irriverente o addirittura satanica. Ma invece più che un’americanata pura era un ritorno di usanze che erano arrivate in America con i contadini europei: l’accento era un po’ cambiato, i vestiti pure, ma da qua venivano, come è successo per dire a San Nicola che ci è tornato indietro ingrassato e trasformato in Santa Claus, che poi come si sa è lo stesso nome; e perfino i vestiti rossi vengono da quelli del santo vescovo di Mira venerato a Bari.
Nel Napoletano e in Campania questa faccenda delle corna di San Martino è particolarmente viva, e proprio da quelle parti veniamo a scoprire un’altra tessera del mosaico: la curiosa storia della sorella “puttana”, che – non avendo egli moglie- spiegherebbe la cornutaggine del santo.
San Martino se purtava ‘a sora ncuollo... San Martino si portava sulle spalle la sorella, per evitare che desse seguito alle sue incontenibili voglie, ma invano, perché lei trovava sempre il modo per sfuggire alla sorveglianza. Su questa beffarda e poco agiografica narrazione a volte erano incentrate le processioni caricaturali, parodia delle processioni ufficiali, con tanto di soste e sermone. Da bambino ho assistito dal vivo a questa rappresentazione, con zucca e campanacci, organizzata, gestita e interpretata specialmente da ragazzi appartenenti a famiglie di pastori (che avevano la disponibilità dei campanacci), che detenevano anche il copione del rituale, con le soste e i sermoni irriverenti sulla vita caricaturale del santo, compresa la spiegazione della famosa "cornutaggine”, dovuta alla disinvolta sorella.
In ogni caso gli elementi carnevaleschi e propri di una notte da "mondo
alla rovescia", con i bambini protagonisti, sono chiarissimi in tutte le
manifestazioni di questo periodo dell'anno. Periodo di pausa, di svina,
di rinnovo di patti agricoli, e quindi contaminato con le credenze e le
pratiche sulla fine del tempo vecchio e l'inizio del tempo nuovo, come
il capodanno e il carnevale. Non è un certo un caso se in certi paesi
d’Abruzzo la festa di San Martino si chiama Capetiempe.