Prima di andare a vedere i numeri credo sia utile premettere che il quadro politico francese abitualmente presenta molti motivi di interesse anche per l’Italia, sia per la somiglianza degli schieramenti politici in generale sia, per quanto ci riguarda più direttamente, per il carattere quasi paradigmatico delle articolazioni della destra – come delineate fin dal 1963 da René Rémond ne “La destra in Francia” – con la classica tripartizione e sovrapposizione delle destre a partire dall’atteggiamento nei confronti della Rivoluzione del 1789: quelle peculiarità strutturali e ideologiche, rafforzate nel tempo dalla vicenda della Resistenza, con la dicotomia De Gaulle/Petain e poi dalla grande frattura sull’Algeria, nonostante le spinte fusionistiche che periodicamente tentano di farsi strada, di fatto continuano ad avere una persistenza di lunga durata.
Il primo dato che balza agli occhi, ancora più importante del risultato dei partiti, è l’ampiezza dell’astensionismo, che ha coinvolto il 65% degli elettori, sintomo di una stanchezza diffusa che non trova sbocchi nel quadro dell’offerta politica standard. Il dato forse andrà un po’ ridimensionato, trattandosi di elezioni regionali, e non è detto che si replichi nella stessa misura in occasione delle Presidenziali, ma resta significativo e preoccupante per i partiti.
Il resto degli elettori si è distribuito negli schieramenti ormai classici, con una tendenza ad addensarsi verso quelli più vecchi e rassicuranti (gollisti e sinistra) e, in varia misura, a punire sia l’offerta tecno-progressista del partito République en marche! di Macron, che fa fatica ad allargarsi al centro e a destra, conquistando pochissimo anche a sinistra, sia la destra di Marine Le Pen, benché arricchita con innesti di personaggi provenienti dall’area sarkozista e dedita a una revisione importante dei temi e dei toni, riscontrabile anche nel cambiamento di nome (Rassemblement National ha sostituito da tempo la denominazione Front National che risaliva al suo fondatore Jean-Marie) (1)
Venendo ai numeri, il primo elemento da sottolineare è che le regioni sono andate sette alla destra gollista e cinque alla sinistra (alleanza di socialisti e verdi), zero per Macron e Le Pen. Aggregando i risultati a livello nazionale, i Repubblicani (vulgo gollisti) col 38% – nonostante le vicissitudini attraversate e l’ancora non ben decifrato affondamento di François Fillon – si confermano il primo partito, seguiti dalle sinistre al 30%. Macron si ferma al 10%, e da nessuna parte va al secondo turno. I “nazionali” si attestano sul 20%. Nelle sfide del secondo turno tra repubblicani e nazionali vincono i primi sia a Nord (Hautes-de-France) che a Sud (Provence-Alpes-Côte d'Azur). Marine Le Pen sottolinea che le alleanze “naturali” hanno come al solito ricompattato “il resto del mondo” contro di lei e il suo partito. Vero, ma non basta, perché i sondaggi della vigilia la davano largamente preponderante in molte situazioni, con la quasi certezza della conquista almeno della Provenza, laddove per averla vinta sul gollista Renald Muselier non è bastato un personaggio del calibro di Thierry Mariani, ex ministro di Sarkozy noto per la simpatia verso Putin e Assad, e la partita sembra finita a 53-55% contro 44-46%.
Ma il risultato forse di maggiore peso politico è quello della Hautes-de-France, col successo di Xavier Bertrand, che ha trionfato di nuovo nella regione (i primi dati parlano di 52,8, a fronte del 25.8% del candidato lepenista, col centrosinistra terzo), e che ora si candida come un serio rivale di Macron per la poltrona più alta dell'Eliseo, in vista delle presidenziali del prossimo anno. D’altra parte, la mancata vittoria di RN rallenta non poco lo slancio della sua candidata, Marine Le Pen, nella sua campagna per le elezioni presidenziali del prossimo anno. Oltre tutto alla sua destra, attorno ad Eric Zemmour si sta materializzando un’alternativa più radicale, che potrebbe insidiare anche quel 20% oggi al sicuro.
(1) Per la storia dell'estrema destra francese -dalla Rivoluzione a Marine Le Pen - resta imprescindibile il libro di Marco Gervasoni, La Francia in nero, Marsilio 2017
Articolo pubblicato sull'Occidentale del 28 giugno col titolo "Dalla Francia una lezione per la destra: vincere nei sondaggi non basta"
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