domenica 21 ottobre 2012

L'Impero e la Croce


A Milano una mostra celebra i  1700 anni dall'editto di Costantino del  313 d.C
 Icona orientale raffigurante S.Costantino e Sant'Elena
Dal 25 ottobre al Palazzo Reale di Milano si potrà vistare una mostra di grande interesse. Costantino e il famoso editto (o rescritto) ne rappresentano il focus, ma si allarga anche al contesto della Milano capitale tardo-imperiale. E poi l’esercito, la corte, l’arte. Una sezione è dedicata a Elena, madre di Costantino, imperatrice e santa, al cui nome è notoriamente legato il ritrovamento della Croce.
Grazie a una consistente documentazione archeologica, arricchita dall'attività di scavo e di ricerca degli ultimi decenni, la mostra presenta infine i risultati, alcuni ancora inediti, degli ultimi rinvenimenti nella Mediolanum imperiale.
In un articolo sulla Lettura del Corriere della Sera Armando Torno ha sottolineato bene le principali implicazioni storiche e le interpretazioni opposte legate, parlando di enigma della figura di Costantino.


E' fuori discussione che nella storia religiosa dell’Occidente cristiano e nell'immaginario collettivo l’imperatore Costantino occupi un posto di primo piano.  Al di là delle interpretazioni e delle discussioni storiografiche, ma anche  delle forzature apologetiche, resta il fatto che il nel 313 assieme a Licinio concesse libertà di culto ai cristiani, interrompendo il  periodo delle persecuzioni, durato  praticamente tre secoli, anche se con intensità variabile a seconda dei periodi e delle zone.
L’editto di Costantino è stato lungamente interpretato anche come la causa della trasformazione del Cristianesimo in religione di stato, e fino a non molti anni fa abitualmente si indicavano come “epoca costantiniana”  i lunghi secoli – il lungo Medioevo teocratico potremmo dire-  in cui Stato e Chiesa sono stati saldamente intrecciati, a partire dalla presunta Donazione.
In realtà l’editto di Milano del 313 non presentava alla lettera contenuti di questo tipo, limitandosi a consentire la libertà di culto: « Noi, dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto, essendoci incontrati proficuamente a Milano e avendo discusso tutti gli argomenti relativi alla pubblica utilità e sicurezza, fra le disposizioni che vedevamo utili a molte persone o da mettere in atto fra le prime, abbiamo posto queste relative al culto della divinità affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità ». Quindi, se vogliamo essere precisi e, sia pure forzando un pochino, utilizzare categorie del dibattito attuale, in sé l’editto fu una proclamazione di conciliare (da Vaticano II) e moderna libertà religiosa ( “i cristiani e tutti gli altri”) , e non di esclusiva  e tridentina libertas Ecclesiae. E non solo: la successiva politica religiosa di Costantino fu contrassegnata da un certo pluralismo (nella nuova Roma da lui fondata, Costantinopoli, furono eretti anche templi pagani e la monetazione dedicata all'imperatore come “compagno” del  Sole invitto continuò a lungo). Le stesse modalità della sua  conversione sono controverse, anche se della sua vicinanza al Cristianesimo non è possibile dubitare, e non solo per l’influenza della madre Elena. Quanto alla notizia del battesimo “tardivo”, in punto di morte, non contiene elementi perentori sulle sue convinzioni, perché la prassi che il catecumeno restasse tale a lungo non era così inusuale.

C’è anche un’altra etichetta che è necessario  riesaminare un po',  ed è quella del cesaropapismo: si consideri ad esempio che, essendo interessatissimo  alla furibonda polemica sulla natura del Verbo incarnato (primo fra le creature o uguale al Padre?) che opponeva i quasi maggioritari vescovi ariani ai difensori estremi dell’ortodossia come Atanasio, Costantino presiedette il concilio di Nicea, che doveva risolvere la diatriba: all'epoca queste discussioni che ci paiono astruse non restavano solo nell'accademia delle dispute teologiche, ma avevano forti ricadute sul clima sociale e sull'ordine pubblico, con vere e proprie turbolenze popolari e, in qualche caso, gravi disordini. E benché il suo entourage più stretto -rappresentato soprattutto da un figura come il vescovo Eusebio di Cesarea -  lavorasse per una soluzione di compromesso, l'imperatore non forzò la decisione conciliare nella direzione caldeggiata dai "centristi", che avevano proposto la soluzione “simile nella sostanza al Padre”) e accettò che nel concilio, contro ogni aspettativa, finisse per prevalere la posizione lacerante di Atanasio e dei sostenitori dell’ homousios to Patrì  (quel della stessa sostanza del Padre che ancora oggi ogni domenica si proclama nel credo cattolico).

Raffaello, Il sogno di Costantino 

Alla sua elevazione a figura di totale campione della fede cristiana contribuì anche il fatto che il suo principale biografo fu  il suo "vescovo di riferimento" Eusebio di Cesarea, cosicché la sottolineatura  degli elementi apologetici cominciò prestissimo. Nell'opera di Eusebio sono sicuramente presenti importanti elementi di teologia politica imperiale, che avranno un seguito nei secoli successivi e nella concezione della sovranità bizantina, che a sua volta fornirà materiali ideologici e modelli figurativi all'ideologia imperiale di Mosca, la Terza Roma degli Czar.  Gli appellativi suggestivi con i quali la sua persona fu apologeticamente trasfigurata (da  “tredicesimo apostolo” a  “vescovo dei laici” – letteralmente “di quelli che sono fuori" -  fino alla venerazione come santo nelle chiese orientali) costituirono il corredo permanente della sua immagine, quella che è arrivata fino a noi e che abbiamo appreso già dalle elementari, a partire dalla narrazione del “sogno” e dell’adozione della croce sui vessilli imperiali prima della battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio.

In ogni caso - e giustamente - nella percezione della sua figura ancora oggi la politica religiosa costituisce la parte dominante, al punto di lasciare in ombra altri aspetti decisivi per la storia tardo-antica e per i secoli successivi:  la fissazione della dualità imperiale e il prodromo del lungo impero bizantino con la fondazione a Costantinopoli della “nuova Roma”, la politica militare e, non certo ultima, la politica fiscale  e monetaria, tutti ambiti in cui la sua opera fu rilevante, come gli storici della tarda antichità non si stancano di ripetere.

I biografi descrivono Costantino il Grande come fisicamente alto e imponente. E così possiamo dire anche della sua figura storica, simboleggiata in modo veramente significativo nei resti della grande statua che possiamo ammirare a Roma nei Musei capitolini.





Nessun commento:

Posta un commento