Non ha fatto il giro del mondo
web e non ha provocato subito le infinite catene di santantonio su Facebook, con
la massiccia ondata di sdegno che ci sarebbe stata a parti (politiche)
invertite.
Tuttavia al senatore Mario Laus
del PD, rivolgendosi alla sua collega 5stelle Alessandra Maiorino, gli è proprio scappata così: “Vai in cucina”. Indubbiamente il Laus è inciampato di brutto, ma sta godendo di un po’ di sconti di routine, giacché comunque è schierato tra
i “buoni” e non fa parte della feccia sessista, omofoba, razzista ecc. ecc. che
ha preso maleducatamente il potere.
E dunque bene, anzi benissimo hanno
fatto le senatrici della Lega a sottolineare che “la
pochezza dell'epiteto tradisce altrettanta pochezza culturale e stupisce
provenga da una parte politica che costantemente si professa vicina alle donne
e alla loro condizione” e ad auspicare “che vengano presi gli opportuni
provvedimenti sanzionatori, che non risarciscono la senatrice della sciocca e
puerile offesa, ma che inviino ai cittadini un segnale chiaro ed
inequivocabile: la donna merita rispetto e cortesia in Senato come per le
nostre strade”.
Magari ci
sarebbe solo da aggiungere che il comunicato mostra una certa smemoratezza
riguardo a un episodio analogo che poco più di un mese fa ebbe come
protagonista il sottosegretario leghista Massimo Bitonci, che si lasciò andare
a un invito analogo nei confronti dell’esponente di Forza Italia Lara Comi. E’
vero che il fatidico invito maschilista non risuonò nella solenne aula di
Palazzo Madama, ma nel corso di una trasmissione televisiva. Ma insomma….
Dato a
Cesare ciò che è di Cesare, resterebbe però aperto un altro fronte, sul quale
si deve assolutamente auspicare un intervento dei vari Cracco, Vissani e
Colonna, e magari un’energica presa di posizione dell’Accademia Italiana della cucina: questi maschilisti intemperanti che sotto sotto ritengono che le donne
non si debbano occupare di politica, ecco quando la smetteranno di indicare la
cucina come il regno dell’incompetenza, il sinonimo del destino servile e
accudente della femmina del loro branco?
Allora,
maschilismo per maschilismo, insulto per insulto, beceraggine per beceraggine,
non sarebbe molto più pertinente l’icastico “alla ‘onca” e "all'acquaio", mansione
a cui nella più paludata tradizione popolare toscana e labronica in specie si immaginava destinata la
donna che mettesse il becco e il naso fuori del suo ristretto campo di
competenza?
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