Cominciamo a dire che in Italia (ca 300mila kmq) il 35%del territorio è in montagna, il 41% in collina, il 23% in pianura, mentre nel resto dell’Europa prevalentemente è il contrario.
E la popolazione? Per secoli è stata più in collina e in montagna, anche perché la pianura era spesso malsana, tanto che la montagna era sovrappopolata, e quindi a un certo punto la gente cominciò ad emigrare, per avere più occasioni di sopravvivere o migliorare la propria condizione.
Per farla breve e limitarci agli ultimi settant’anni, prendiamo come riferimento il censimento del 1951, quando in montagna ci abitavano 8 milioni di persone su 47 (il 17,7%), oggi 7 milioni su quasi 60 (il 12%): detta così non sembra catastrofica come si potrebbe immaginare, ma comunque resta il dato che la popolazione italiana in 70 anni è aumentata di 12 milioni e la montagna ha perso un milione.
La densità: in montagna 60/kmq, in collina 150/kmq, in pianura ben 450°/kmq, tutti stipati là in basso insomma.
Ma dove finisce la collina e comincia la montagna? Per comodità diciamo a 700 metri, anche se ci sono parametri leggermente diversi tra Nord e Sud.
E i comuni come sono distribuiti? Quelli sopra i 500 metri sono 1460, e di questi 763 stanno fra 700 e 1000 metri slm, almeno parlando di sede, perché bisogna sempre tenere presente che molti abitanti stanno più in basso comunque.
In questo magma segnato in prevalenza dallo spopolamento progressivo bisogna sottolineare che quelli messi peggio sono i comuni tra 500 e 900 metri, che stanno pagando e pagheranno i costi più alti in termini di residenti. Quelli sopra i 1000 metri se la cavano meglio: dei 282 che hanno la sede sopra i mille metri ben 92 negli ultimi 10 anni ha aumentato la popolazione. E perché? Sono più attrattivi in termini di offerta di lavoro nel turismo, che nel frattempo da turismo lento, riposante e residenziale delle famiglie che andavano in villeggiatura, è diventato sempre più sportivo e veloce. Questo cambiamento premia la montagna vera e propria e penalizza le colline e la bassa montagna che chiaramente non possono competere su questo stesso piano (innevazione, piste, vin brulé e compagnia bella).
Aggiungeteci che l’inverno demografico in cui il nostro paese è entrato a pieno titolo dovrebbe portare la popolazione complessiva a scendere sotto i 40 milioni entro la fine del secolo.
Da un articolo, documentatissimo, del demografo Roberto Volpi, uscito oggi sul Il Foglio (da cui ho ricavato questi dati così succosi) emerge un quadro senza speranza per chi può offrire la stabilità e diciamo pure la ripetitività dei luoghi di altezza intermedia? Un po’ sì, ma è evidente che quello che resta delle classi dirigenti che sono sul posto - se resta- dovrebbe cominciare a ragionare seriamente di una diversa attrattività, soprattutto creando condizioni di appetibilità residenziale o semiresidenziale in termini di: 1) facilitazioni abitative 2) ristorazione e accoglienza, 3) collegamenti stradali e ciclo-sentieristici 4) rete internet 5) energia. Ossia i 5 punti su cui i nostri paesi si giocano il possibile futuro, scommettendo contro la morte.
Post pubblicato originariamente sulla pagina Facebook l'appenninico ottimista